Susanna Kwon (Kwon Soo-Jung), soprano, si è laureata presso l’Università Musicale di Seoul e dal 1995 risiede in Italia dove si è perfezionata con C. Castellani, R. O. Malaspina, N. Palacios, R. Kabaivanska e G. Scalchi. Vincitrice di concorsi internazionali, costantemente attiva sul versante concertistico, ha inciso per le case discografiche Dynamic e Philharmonia.

Nel 2001 ha debuttato sul palcoscenico operistico. Nel 2002 è stata fra l’altro ospite del Gala lirico Una rosa per Genova ricevendo una borsa di studio e i complimenti del mitico tenore Franco Corelli. In seguito ha ricoperto numerosi ruoli del repertorio italiano e tedesco per le produzioni di alcuni tra i maggiori enti lirici italiani.

Nel 2007 ha fondato l’Associazione culturale “GeKo” che riunisce i coreani residenti in Liguria. Nel 2009 ha coordinato il Festival “Corea – La terra del calmo mattino”, in collaborazione con la Fondazione Spinola e il Consolato Generale della Repubblica della Corea a Milano.

Susanna Kwon vive a Genova con suo marito, il pianista e critico musicale Giorgio De Martino, e il loro bambino.

Per ascoltare la canzone d’amore coreana Forse tu verrai dalla voce di Susanna Kwon, accompagnata al pianoforte da suo marito, cliccare qui sotto.

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Susanna Kwon ha prestato la sua voce a Francesca da Rimini e ha letto i relativi versi (Inf., V, 88-142) nella traduzione in coreano di Chung Noh-Young. Ha letto i versi mentre si trovava in riva al mare, per cui si sente il suono della risacca sullo sfondo, come se Francesca stesse parlando dal suo luogo di nascita, «su la marina dove ‘l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui» (versi 98-99).
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Cenni biografici privati su Susanna Kwon scritti da lei medesima

Sono nata dall’altra parte del mondo, sono nata a Seoul, poco dopo mezzanotte. Quando mi ha vista, mia madre si è subito preoccupata: il mio capo era fitto di sottilissimi capelli chiari, e mamma pensava che fosse stata colpa sua, perché quando crescevo nel suo ventre, aveva mangiato cibo troppo piccante. Incinta, non riusciva a trattenere nulla di ciò che ingeriva, a meno che non fosse sommerso di pasta di peperoncino.

Quando ho aperto gli occhi, anch’io portavo la mia impronta di Taeghanmin-guk nell’incavo della schiena: anche per me era scesa dal cielo Samshin-halmoni, la nonna fantasma che si occupa delle nuove vite. È lei, secondo la leggenda, a prendere i per i piedi il bambino, a tirarlo fuori dal grembo materno, a sollevarlo rovesciato e a sculacciarlo, per aprirgli il respiro. Il bambino grida, e inizia a vivere. Quelle sberle che fanno ricordare a chi nasce che bisogna respirare (e piangere) lasciano un segno, il marchio di noi discendenti della stirpe dei mongoli, un neo blu, blu come un livido. Una firma che sbiadisce coi primi anni di vita. La traccia dei dong-i (dei “tiratori di frecce” come ci chiamavano i saraceni), la traccia del fantasma Samshin-halmoni, un segno di appartenenza.

Sono nata tardi. Tanto tardi che mia madre, per farmi, è dovuta andare in ospedale. Dopo i nove mesi, sono stata ancora quindici giorni accuattata nella sua pancia: non volevo uscire, mi ci hanno costretto.

Il mio segno, in Corea, è quello del maiale. E un maiale, a mezzanotte, dopo essersi rimpinguato per l’intera giornata, dorme. Dato, questo, che pronostica una vita tranquilla: il maiale è un buon segno, porta fortuna perché è simbolo di abbondanza; mentre chi nasce sotto il segno della mucca, e peggio ancora al mattino o al pomeriggio (dunque in orario di lavoro) per tutta la vita sentirà il peso del dovere. Quando sono nata, il mio paese tentava con fatica di uscire dalla povertà. Tutti lavoravano moltissimo, ma per la maggioranza, la qualità della vita ugualmente era tutt’altro che buona… Nascere nel segno del maiale, per di più dopo mezzanotte, era considerata una gran fortuna: fatica contenuta e agiatezza.

Questa sera nella luna ho rivisto i due conigli bianchi. Era molto tempo, forse anni, che non ci facevo più caso. Sono i due conigli bianchi che lavorano l’impasto di riso, picchiandolo con mazze di legno. La luna, chissà perché, ha voluto fermarli, luminosi, fosforescenti, coi contorni colore del ghiaccio… I bastoni sollevati, che sembrano caricarsi per colpire più forte,  nel gesto del lavoro, nel profumo di festa e di casa.

Sono i conigli bianchi che preparano il ttòk: riso percosso che diventa pasta elastica e dolce. Il ttòk semplice, avvolto nel profumo ambiguo della polvere di soia, oppure quello elaborato, con un cuore di sesamo o miele o pasta di castagne.

Guardo la luna e le figure che nasconde… Guardo oggi, come facevo anche allora, dall’altra parte del mondo. E immotivatamente sono stupita, emozionata nel rivederli qui, immobili, oltre il sipario delle tende, oltre il trampolino del balcone, mentre stanno per colpire.

Addestrata ad immaginare per necessità, quei conigli sono stati due fra i miei pupazzi più cari nell’intera difficile infanzia dell’altra vita, e rivederli ora mi accende uno strano languore di memoria. Tanto che mi sono appena ritrovata a cantare, senza parole, la Canzone della luna e dei suoi due conigli bianchi. Perché tutto, in Corea, ha una sua canzone. L’alba, la notte, la luna, il sole, le nuvole, i fiori, i dolci… Ogni cosa ha una sua canzone. La vita intera può essere musicata, ed avere la sua colonna sonora fatta di mille leitmotiv che impariamo fin da bambini.

C’è un giorno di novembre in cui, ricordo, mia madre infilzava una fila di pinoli su un ago, e salivamo sul tetto di casa, bruciandolo davanti alla luna rotonda per far avverare i sogni che recitavamo sottovoce. Non al sole, non alle stelle: è alla luna che noi coreani chiediamo i favori più grandi. Continuo a farlo, nonostante io guardi la luna dall’altra parte del mondo.

Susanna Kwon

La summenzionata Canzone della luna e dei suoi due conigli bianchi, nota anche con il titolo La mezzaluna, è un canto popolare scritto nel 1924 da Ghiuk Young Yun. A quell’epoca la Corea era sotto il dominio del Giappone. La canzone è ricca di metafore legate alla nostalgia della libertà e all’amore per la patria. Per ascoltarla dalla voce di Susanna Kwon cliccare qui sotto: