Dante non menziona il Friuli nella Divina Commedia, ma lo menziona nel De vulgari eloquentia (Parte prima, X.6 e XI.6), dove esamina e classifica la lingua friulana. Dante si riferisce ai friulani chiamandoli Aquilegienses in quanto la città friulana di Aquileia, sede di un potente patriarcato, era a quell’epoca il centro politico, amministrativo, religioso e culturale di un’ampia zona geografica di cui l’attuale Friuli era solo una porzione.
L’ipotesi di un viaggio compiuto da Dante in Friuli, regione certamente frequentata da numerosi mercanti fiorentini del suo tempo, è stata avanzata da più parti in passato, ma non ha mai trovato seri elementi di conferma. La fortuna del poema dantesco in terra friulana è stata invece piuttosto consistente e immediata, come dimostra la sua rapida diffusione manoscritta e la quantità di codici e antiche edizioni presenti nella regione.
L’illustrazione sottostante è la miniatura dell’incipit dell’Inferno tratta dal codice Fontanini 200 (sec. XIV), conservato nella Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli. Il poeta è raffigurato all’interno della lettera iniziale “n”. La miniatura con l’incipit occupa la parte centrale della pagina ed è circondata dal testo del cosiddetto “Ottimo commento”.
Il manoscritto Fontanini contiene la sola prima cantica del poema, è illustrato con sette miniature e reca il commento in latino di Graziolo Bambaglioli (1291-1342). Il commento in volgare dell’Ottimo, identificabile nel notaio fiorentinio Andrea Lancia (1280-1360), è limitato ai primi due canti.
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